Di questo elemento della filiera italiana e dello stato dell'arte sullo sviluppo tecnologico attuale si è parlato in un convegno al Senato organizzato dal senatore Antonio Trevisi, membro della Commissione ambiente.
A disegnare con precisione il quadro attuale della filiera italiana dell'idrogeno è Alberto Dossi, chairman del Gruppo Sapio.
"L'idrogeno è una partita che si vince solo se pubblico e privato riusciranno a lavorare insieme.
Quella dell'idrogeno è una filiera nuova, che ha … bisogno di incentivi.
Con il PNRR arriveranno 3,64 miliardi, ma dobbiamo fare di più e seguire l'esempio degli Stati Uniti.
RepowerEU chiede un'azione forte per non dipendere da paesi politicamente instabili, non possiamo più permetterci di importare il 30-40% di gas".
All'interno della filiera italiana c'è anche il progetto Hydrogen Park, nato a Porto Marghera nel 2003 con lo scopo di realizzare sperimentazioni su scala industriale nel settore dell'idrogeno.
L'esperienza maturata e l'integrazione delle infrastrutture esistenti permettono oggi al Consorzio di essere il primo punto di applicazione della strategia energetica europea basata sulla molecola verde.
Le strutture da cui, attraverso l'idrogeno, sarà possibile attingere energia, dovranno però avere un basso impatto ambientale e paesaggistico.
A disegnare e immaginare questo futuro è Giancarlo Zema, architetto fondatore del Giancarlo Zema Design Group: "Un esempio sono le Green Island con Anas, ma ci siamo spinti oltre con dei boschi dove si possono ricaricare mezzi producendo solo vapore acqueo.
Sotto questo punto di vista la pianta più performante è la paulownia: con 400-500 alberi si assorbono circa 50 tonnellate di CO2 l'anno.
Questo crea la possibilità di avere stazioni di rifornimento per i mezzi a idrogeno, circondate da piante ad alto assorbimento e altamente tecnologiche, con una sensoristica avanzata di monitoraggio".
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