27 NOV 2001

Inpdap: Presentazione Rapporto 2001 sullo Stato Sociale (con Maroni)

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 1 ora 50 min

Questa registrazione non è ancora stata digitalizzata.
Per le risposte alle domande frequenti puoi leggere le FAQ.

In Italia il 60% della spesa sociale va alla voce previdenza.

Però il regime fiscale applicato dallo Stato sulle pensioni è il più duro d'Europa.

Lo afferma il primo Rapporto sul Welfare realizzato dall'Inpdap, l'istituto di previdenza dei dipendenti pubbliciRoma, 27 novembre 2001 - I dati Istat sulla spesa sociale relativi al 2000, raggruppati nelle tre funzioni della previdenza, dell'assistenza e della sanità, segnalano la forte prevalenza nel nostro paese della prima voce che assorbe una quota del 60% della spesa complessiva, contro il 16,7% dell'assistenza e il 23% della sanità.

Allo
stesso tempo, però, un pensionato italiano che guadagni 20 milioni l'anno è soggetto ad un'aliquota del 15% contro il 3% e l'1% cui, rispettivamente, è assoggettato un pensionato francese o inglese.

In Italia, cioè, la maggior parte della spesa pubblica va alla previdenza sulla quale però lo Stato applica il regime fiscale più duro d'Europa.

Contraddizioni che emergono dall'esame condotto sui dati Eurostat dall'Inpdap, l'istituto di previdenza diretto da Rocco Familiari, che presenta oggi a Roma il primo Rapporto sul Welfare State.

La spesa pubblica italiana, secondo gli analisti, evidenzia valori in rapporto al Pil inferiori alla media europea in tutti i settori.

Ciò è particolarmente evidente nel caso della spesa per la disoccupazione e per il sostegno alle famiglie.

Fa eccezione, appunto, la spesa pensionistica per vecchiaia e quella per superstiti.

La prevalenza della spesa previdenziale nella spesa sociale è un dato diffuso tra i paesi dell'Unione Europea.

L'anomalia italiana - spiega il rapporto - in fondo è in gran parte attenuata se si considerano le diverse legislazioni e modalità di contabilizzazione.

Proprio queste, tuttavia, meritano grande attenzione.Se si considera il fatto che la spesa pensionistica è rilevata al lordo delle imposte e dei contributi, si vedrà che lo Stato italiano non è poi così generoso sul fronte previdenza.

Almeno, non più di quanto non lo siano i tre paesi comparati all'Italia (Germania, Francia e Gran Bretagna).

Il trattamento fiscale applicato ai trasferimenti nei quattro paesi, infatti, non è omogeneo.

In Italia le agevolazioni riconosciute ai trattamenti pensionistici sono piuttosto limitate, valendo il principio dell'assoggettamento all'imposta personale, sia delle rendite, sia del tfr.

Gli effetti non sono irrilevanti: nel 2000 il prelievo sui trattamenti pensionistici del nostro paese è stato pari a poco meno del 2% del pil.In conclusione vanno valutati altri due aspetti.

In primo luogo, diversamente da quello che accade in Italia, non esiste in Germania un sistema pensionistico obbligatorio per il lavoro autonomo.

In secondo luogo esiste una rilevante sostituibilità fra gli interventi per vecchiaia e superstiti, da un lato, e quelli per invalidità e disoccupazione dall'altro.

In Italia, a giudicare dalle rilevazioni ufficiali, gli interventi per questo secondo gruppo di funzioni sono estremamente contenuti.

A questo riguardo, da alcuni studi risulta che l'uscita dal mercato del lavoro si colloca intorno ai 60 anni in Italia, Germania e Francia e ai 62 nel Regno Unito, anche se le motivazioni sono molto diverse.

Nel nostro paese il normale pensionamento spiega la metà dei casi, con un ruolo molto limitato dei licenziamenti e dei riconoscimenti d'invalidità.

leggi tutto

riduci

  • Rocco Familiari, presidente INPDAP

    Indice degli interventi
    0:00 Durata: 38 min 50 sec
  • Marcello De Cecco, Università di Roma "La Sapienza"

    0:38 Durata: 16 min 20 sec
  • Antonio Pedone, Universita' di Roma "La Sapienza"

    0:55 Durata: 18 min 35 sec
  • Alberto Zuliani, Universita' di Roma "La Sapienza"

    1:13 Durata: 13 min 5 sec
  • Roberto Maroni, ministro del Lavoro, Salute e Politiche sociali

    1:26 Durata: 23 min 31 sec