Regista di titoli di culto del cinema di commedia (Il federale, La voglia matta, Fantozzi), volto sardonico del sabato sera televisivo (quello in bianco e nero di Studio Uno), voce sarcastica di programmi radiofonici scatenati e caustici (I malalingua, Blackout), pioniere del cabaret con la formazione dei Gobbi, autore e regista di commedie teatrali, persino paroliere negli anni ’60 per Luigi Tenco e Gianni Morandi, tra gli altri.
Sempre sotto il segno … dell’ironia e dell’autoironia.
Poliedrico e caustico in ogni sua espressione artistica, Luciano Salce (1922-1989) mostra oggi più che mai la modernità del suo linguaggio e la capacità di riflettere al meglio la cultura italiana del Novecento: sguardo ironico sulla realtà, acutezza satirica, eleganza espressiva, capacità di sintetizzare con pochi tratti vizi e virtù della gens italica.
Se il poeta francese Baudelaire preconizzava che il Novecento sarebbe stato il "secolo del riso", Luciano Salce ha confermato e confutato, nello stesso tempo questa profezia: partecipe con le sua armi satiriche, della demolizione delle ideologie imperanti; e vittima del suo distacco ironico-critico da ogni forma di pensiero dominante.
Presenza incessante eppure discreta, come autore ed attore, negli spettacoli più rappresentativi dell’Italia del secondo dopoguerra, Luciano Salce è stato quasi sempre un passo più in qua (o più in là) rispetto ai suoi tempi.
Emigrato in Brasile a mettere in scena commedie di Anouilh e Campanile, mentre in Italia vigeva il neorealismo; ha proposto, con il gruppo dei Gobbi (con gli amici Bonucci, Caprioli e Valeri), un moderno modo di fare cabaret nei tempi in cui imperavano il teatro di varietà, di rivista e d’avanspettacolo; s’è rivolto alla televisione quando questo mezzo di comunicazione era ancora visto dagli intellettuali come un modo d’espressione subalterno; conversatore pettegolo ed impagabile, s’è divertito a giocare con la radio, quando cinema e televisione avevano già sommerso le sue funzioni amplificatrici.
È soprattutto nel cinema, dove pure può essere considerato uno dei maestri della commedia all’italiana, che oggi fa risplendere il suo spirito anarchico, acuminato e beffardo, la volontà di satireggiare su tutto, l’eleganza e la modernità del suo linguaggio espressivo.
Oltre quarant’anni di carriera, senza mai dimenticare la passione per la scrittura, drammaturgica e narrativa, vissuti con la ritrosia timida e pungente di un uomo caustico e fuori dagli schemi ideologici correnti.
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