Lo ha formulato il Comitato Nazionale per la Bioetica presieduto dal professore Lorenzo D’Avack, dopo la richiesta inoltrata dal Centro Nazionale Trapianti.
La questione è quella dell’obbligo all’anonimato a cui è tenuto il personale sanitario amministrativo in base alla legge 91 del 1999.
Secondo il Comitato bisogna distinguere tra il momento ‘antecedente’ al trapianto da quello ‘successivo’ all’avvenuto trapianto.
Ritiene che «il principio dell’anonimato è indispensabile nella fase iniziale della donazione … degli organi per conservare i requisiti di equità, garantiti da considerazioni rigorosamente oggettive, basate su criteri clinici e priorità nella lista e per evitare possibili compravendite».
Tuttavia, in una fase successiva, trascorso un ragionevole lasso di tempo, «non è contrario ai principi etici che l’anonimato possa essere rimesso nella libera e consapevole disponibilità delle parti interessate, dopo il trapianto, per avere contatti ed incontri».
In ogni caso il «futuro ed eventuale rapporto fra donatori e riceventi dovrà comunque essere gestito da una struttura terza nell’ambito del sistema sanitario, attraverso gli strumenti che si riterranno più idonei di modo che sia assicurato il rispetto dei principi cardine dei trapianti (privacy, gratuità, giustizia, solidarietà, beneficenza).
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