03 AGO 2018

Caso Fenice - Editoriale di Maurizio Bolognetti dal Vulture

EDITORIALE | di Maurizio Bolognetti - Melfi - 00:00 Durata: 9 min 40 sec
A cura di Valentina Pietrosanti
Player
Gli impianti di incenerimento dei rifiuti, come opportunamente ci ricorda ISDE Italia, rientrano fra le industrie insalubri di classe I in base all’articolo 216 del Testo Unico delle Leggi sanitarie.

"La combustione dei rifiuti attraverso un impianto di incenerimento - come ci ricorda l’oncologa ed ematologa Patrizia Gentilini - da origine alla formazione di diverse migliaia di sostanze inquinanti, di cui solo 10-20% è conosciuto".

Fra gli inquinanti emessi dagli inceneritori troviamo il particolato grossolano e ultrafine, i metalli pesanti, diossine, furani, Pcb, Ipa, Cov, ossidi di
azoto, ossidi di zolfo, ozono e ancora arsenico, berillio, cromo, mercurio, benzene, ecc.

Tutte sostanze che, oltre ad essere estremamente tossiche, sono anche persistenti e bioaccumulabili.

Da circa un ventennio i forni dell’inceneritore ex Fenice, ubicato nella zona industriale di Melfi (PZ), divorano ogni anno decine di migliaia di tonnellate di rifiuti urbani, speciali e pericolosi.

L’inceneritore, oggi di proprietà della Rendina Ambiente srl, è da tempo al centro di aspre polemiche e inchieste giudiziarie per l’impatto prodotto dalle sue attività sulle matrici ambientali dell’area del Vulture - Melfese.

Da circa nove anni sono in corso nell’area in cui è ubicato l’inceneritore, già di proprietà della multinazionale francese EDF, attività di bonifica volte a rimuovere una grave contaminazione delle falde acquifere.

Le prolungate operazioni di bonifica, poste in essere da Rendina Ambiente, sono state di recente attenzionate dalla Procura della Repubblica di Potenza.

Gli inquirenti accusano l’azienda di aver effettuato interventi assolutamente non adeguati a fermare "la diffusa e storica contaminazione delle falde acquifere sotterranee" contaminate da sostanze cancerogene.

leggi tutto

riduci