Di recente, il tema del "corpo imprigionato" ha assunto particolare rilievo politico (e insieme etico) attraverso il dibattito pubblico innestatosi sulla vicenda del detenuto Alfredo Cospito in sciopero della fame e sulla presa di posizione del Ministro della … Giustizia, che ha interpellato in merito il Comitato Nazionale per la Bioetica.
Da quel dibattito, sono riemerse all’attenzione questioni di interesse generale per le persone in stato di detenzione e non solo, che sollevano interrogativi fondamentali.
In sintesi: esistono limiti all’esercizio di diritti fondamentali quali il diritto alla salute e all’intangibilità del corpo per le persone private della libertà? Questi limiti possono essere giustificati dalla "responsabilità" dell’istituzione carceraria che ha in custodia le persone private della libertà? E ancora: esistono limiti (estensibili a tutti i cittadini/e) all’esercizio del diritto a rifiutare trattamenti indesiderati, nonostante la legge 219/2017 lo abbia sancito? Si può giustificare un limite alla autonomia di alcuni soggetti (detenuti/e ma non solo) in virtù della loro asserita vulnerabilità?.
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