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C-061 commenta le intercettazioni telefoniche tra i leader della ex Yugoslavia.
In una conversazione tra Milosevic e Karadzic si parla dell'appoggio dell'allora ministro degli esteri italiani, Gianni De Michelis a BelgradoL'Aja, 22 novembre 2002 - Il testimone sotto regime di protezione C-061 ha commentato, nell'udienza odierna del processo a carico di Slobodan Milosevic, alcune delle oltre 50 intercettazioni telefoniche rintracciate dalla Procura Onu.In una conversazione del 1° luglio del 1991 tra il super latitante Radovan Karadzic e Slobodan Milosevic, il presidente della Serbia … tranquillizza il capo del Partito Democratico Serbo (SDS) affermando di poter contare sul sostegno di De Michelis, allora ministro degli Esteri italiano.Abbiamo chiesto un commento all'europarlamentare radicale Gianfranco Dell'Alba, che ci ha fornito un quadro estremamente lucido delle relazioni tra la Farnesina e il regime Milosevic proprio in quegli anniL'intercettazione telefonicaQuesta la traduzione (non ufficiale) di un estratto della trascrizione depositata presso il Tribunale Internazionale per la ex Yugoslavia dalla Procura Onu di una conversazione tra Radovan Karadzic e Slobodan Milosevic del 1° luglio 1991Karadzic: Buon pomeriggioMilosevic: Hey, ciao, RadovanKaradzic: Ho saputo che sei stato impegnato fino alle 3 della mattinaMilosevic: Più o meno.
Be' più tardi ho avuto un incontro con Demikelis /?Demykelys/ [sic], sai com'è questa volta voleva parlare un po' della cooperazione e dello sviluppo delle relazioni tra italiani e serbi, ecc.Karadzic: Sì, sì, e che voleva stavolta?Milosevic: Proponeva....
be', visto come stanno le cose, credo che abbiamo fatto, come si dice, ehm, le cose in grande stileKaradzic:Ah, capiscoMilosevic: Perché la Comunità Europea l'ha accettato, ed è menzionato in questo communiqué, loro stanno negoziando con me, bene (un'altra linea telefonica squilla nell'ufficio di Slobodan Milosevic; risposnde una voce femminile non identificata e Milosevic fa delle pause nella conversazione appena iniziata)Karadzic: ProntoMilosevic: Capisci, questo, questo è stato dato tanto per dire qualcosa, non hanno dato la nostra dichiarazione.
Hanno accettato di garantire, di garantire, be' che la Croazia e la Slovenia rispetteranno le loro obbligazioni e sospenderanno questi atti...Karadzic: Be' questi sono i loro obblighi.
Ci sono altri vincoli da parte loro? Nessuno?Milosevic: Anche se questa violenza cessa, etc., questi doveri rimangono comunque i loroKaradzic: AhaMilosevic: Loro sono il Garante e hanno parlato alle loro menti, quindi vedremo, vedremo come si svilupperanno gli eventi.
Ma credo che in questo modo abbiamo finito con le pressioni per cui la Serbia deve dissociarsi dalla Yugoslavia, e d'altro canto garanzie date dalla Comunità Europea sono molto più imoportanti per noi di quelle fornite dal Parlamento croatoKaradzic: SìMilosevic: Il Parlamento croato può raccontare balle, ma la Comunità Europea continua a prendere delle decisioni molto importanti a livello politicoLa troikaDopo le dichiarazioni di indipendenza di Slovenia e Croazia dalla Yugoslavia dominata da Belgrado e gli scontri che sono seguiti al non riconoscimento dell'indipendenza, la Comunità Europea decide di inviare nel giugno del 1991 una delegazione di pace e di congelare gli aiuti economici alla Federazione.
La 'troika' era composta dai ministri degli esteri di Olanda (Hans van den Broek), Lussemburgo (Jacques Poos) e Italia (Gianni De Michelis).La politica della FarnesinaGianni De Michelis regge la Farnesina tra il 1989 e il 1992 e ha una visione molto simile a quella francese per la soluzione della questione balcanica.
"L'Italia e la Francia - ci ha spiegato Gianfranco Dell'Alba - erano le alleate tradizionali serbe", portavano avanti la politica della "piccola intesa".
L'idea di base - ha proseguito l'europarlamentare radicale - era quella dell'Italia "punto di riferimento dell'iniziativa mitteleuropea" e Milosevic era visto come "garante di stabilità"."Italia e Francia - ci ha spiegato Dell'Alba - sono state le ultime nazioni a riconoscere l'indipendenza della Croazia, il Vaticano e la Germania sono invece state le prime".
Questo perché il riconoscimento dell'indipendenza ai singoli stati yugoslavi avrebbe portato allo smembramento della Federazione e la Farnesina riteneva che questo sarebbe stato particolarmente pericoloso per la già critica situazione nella 'polveriera balcanica'.Meglio era, secondo la posizione ufficiale del governo italiano, supportare Milosevic che garantiva un certo grado di stabilità, aveva l'esercito in mano, le strutture burocratiche, il controllo su alcune delle fabbriche (tra cui quelle di "Crvena Zastava'' - "Bandiera Rossa" - di Kragujevac a 150 Km a sud di Belgrado in cui venivano prodotte automobili di stampo FIAT) e cercava l'unità della Federazione.
L'alternativa radicale"I radicali - ha ricordato Dell'Alba - sostenevano che si trattava dell'attuazione del piano per la Grande Serbia", inoltre "il memorandum dell'Accademia delle Scienze era già stato pubblicato, ma sembrava che il ministero degli Esteri non avesse intenzione di prendere in considerazioni i massacri, le violenze" e la costante violazione dei diritti umani.
"Pannella e i Radicali hanno quindi deciso di fare il Consiglio generale a Zagabria, sotto le bombe, con i sacchetti di sabbia.
Noi - ha ricordato l'europarlamentare radicale - eravamo pronti ad andare lì, mentre nel frattempo c'era chi continuava a sostenere l'idea del non smembramento della ex Yugoslavia, nonostante fossero già state pubblicate le tesi dell'Accademia delle Scienze"Quello che proponeva De Michelis, sostiene l'europarlamentare radicale, era assolutamente non pioneristico, "soprattutto se si pensa che Marco Pannella già nel 1989 proponeva l'ingresso della ex Yugoslavia in Europa"L'appoggio dell'Italia a Belgrado, una lunga storiaL'appoggio dell'Italia alla Belgrado di Milosevic, dunque, sembra avere lunghe radici e una tradizione 'onorata' anche da Susanna Agnelli (che commentò un incontro con il dittatore, dipingendolo come un galantuomo) o da Lamberto Dini, noto anche con il nomignolo serbo di 'Slobodinic', che ha avuto un ruolo determinante nell'affaire Telekom Serbia, ampiamente documentato dal recente libro di Giulio Manfredi "Presidente Ciampi, nulla da dichiarare?"Un ringraziamento a Gianfranco Dell'Alba, Giulio Manfredi, Silvja Manzi per la cortese disponibilità.
In una conversazione tra Milosevic e Karadzic si parla dell'appoggio dell'allora ministro degli esteri italiani, Gianni De Michelis a BelgradoL'Aja, 22 novembre 2002 - Il testimone sotto regime di protezione C-061 ha commentato, nell'udienza odierna del processo a carico di Slobodan Milosevic, alcune delle oltre 50 intercettazioni telefoniche rintracciate dalla Procura Onu.In una conversazione del 1° luglio del 1991 tra il super latitante Radovan Karadzic e Slobodan Milosevic, il presidente della Serbia … tranquillizza il capo del Partito Democratico Serbo (SDS) affermando di poter contare sul sostegno di De Michelis, allora ministro degli Esteri italiano.Abbiamo chiesto un commento all'europarlamentare radicale Gianfranco Dell'Alba, che ci ha fornito un quadro estremamente lucido delle relazioni tra la Farnesina e il regime Milosevic proprio in quegli anniL'intercettazione telefonicaQuesta la traduzione (non ufficiale) di un estratto della trascrizione depositata presso il Tribunale Internazionale per la ex Yugoslavia dalla Procura Onu di una conversazione tra Radovan Karadzic e Slobodan Milosevic del 1° luglio 1991Karadzic: Buon pomeriggioMilosevic: Hey, ciao, RadovanKaradzic: Ho saputo che sei stato impegnato fino alle 3 della mattinaMilosevic: Più o meno.
Be' più tardi ho avuto un incontro con Demikelis /?Demykelys/ [sic], sai com'è questa volta voleva parlare un po' della cooperazione e dello sviluppo delle relazioni tra italiani e serbi, ecc.Karadzic: Sì, sì, e che voleva stavolta?Milosevic: Proponeva....
be', visto come stanno le cose, credo che abbiamo fatto, come si dice, ehm, le cose in grande stileKaradzic:Ah, capiscoMilosevic: Perché la Comunità Europea l'ha accettato, ed è menzionato in questo communiqué, loro stanno negoziando con me, bene (un'altra linea telefonica squilla nell'ufficio di Slobodan Milosevic; risposnde una voce femminile non identificata e Milosevic fa delle pause nella conversazione appena iniziata)Karadzic: ProntoMilosevic: Capisci, questo, questo è stato dato tanto per dire qualcosa, non hanno dato la nostra dichiarazione.
Hanno accettato di garantire, di garantire, be' che la Croazia e la Slovenia rispetteranno le loro obbligazioni e sospenderanno questi atti...Karadzic: Be' questi sono i loro obblighi.
Ci sono altri vincoli da parte loro? Nessuno?Milosevic: Anche se questa violenza cessa, etc., questi doveri rimangono comunque i loroKaradzic: AhaMilosevic: Loro sono il Garante e hanno parlato alle loro menti, quindi vedremo, vedremo come si svilupperanno gli eventi.
Ma credo che in questo modo abbiamo finito con le pressioni per cui la Serbia deve dissociarsi dalla Yugoslavia, e d'altro canto garanzie date dalla Comunità Europea sono molto più imoportanti per noi di quelle fornite dal Parlamento croatoKaradzic: SìMilosevic: Il Parlamento croato può raccontare balle, ma la Comunità Europea continua a prendere delle decisioni molto importanti a livello politicoLa troikaDopo le dichiarazioni di indipendenza di Slovenia e Croazia dalla Yugoslavia dominata da Belgrado e gli scontri che sono seguiti al non riconoscimento dell'indipendenza, la Comunità Europea decide di inviare nel giugno del 1991 una delegazione di pace e di congelare gli aiuti economici alla Federazione.
La 'troika' era composta dai ministri degli esteri di Olanda (Hans van den Broek), Lussemburgo (Jacques Poos) e Italia (Gianni De Michelis).La politica della FarnesinaGianni De Michelis regge la Farnesina tra il 1989 e il 1992 e ha una visione molto simile a quella francese per la soluzione della questione balcanica.
"L'Italia e la Francia - ci ha spiegato Gianfranco Dell'Alba - erano le alleate tradizionali serbe", portavano avanti la politica della "piccola intesa".
L'idea di base - ha proseguito l'europarlamentare radicale - era quella dell'Italia "punto di riferimento dell'iniziativa mitteleuropea" e Milosevic era visto come "garante di stabilità"."Italia e Francia - ci ha spiegato Dell'Alba - sono state le ultime nazioni a riconoscere l'indipendenza della Croazia, il Vaticano e la Germania sono invece state le prime".
Questo perché il riconoscimento dell'indipendenza ai singoli stati yugoslavi avrebbe portato allo smembramento della Federazione e la Farnesina riteneva che questo sarebbe stato particolarmente pericoloso per la già critica situazione nella 'polveriera balcanica'.Meglio era, secondo la posizione ufficiale del governo italiano, supportare Milosevic che garantiva un certo grado di stabilità, aveva l'esercito in mano, le strutture burocratiche, il controllo su alcune delle fabbriche (tra cui quelle di "Crvena Zastava'' - "Bandiera Rossa" - di Kragujevac a 150 Km a sud di Belgrado in cui venivano prodotte automobili di stampo FIAT) e cercava l'unità della Federazione.
L'alternativa radicale"I radicali - ha ricordato Dell'Alba - sostenevano che si trattava dell'attuazione del piano per la Grande Serbia", inoltre "il memorandum dell'Accademia delle Scienze era già stato pubblicato, ma sembrava che il ministero degli Esteri non avesse intenzione di prendere in considerazioni i massacri, le violenze" e la costante violazione dei diritti umani.
"Pannella e i Radicali hanno quindi deciso di fare il Consiglio generale a Zagabria, sotto le bombe, con i sacchetti di sabbia.
Noi - ha ricordato l'europarlamentare radicale - eravamo pronti ad andare lì, mentre nel frattempo c'era chi continuava a sostenere l'idea del non smembramento della ex Yugoslavia, nonostante fossero già state pubblicate le tesi dell'Accademia delle Scienze"Quello che proponeva De Michelis, sostiene l'europarlamentare radicale, era assolutamente non pioneristico, "soprattutto se si pensa che Marco Pannella già nel 1989 proponeva l'ingresso della ex Yugoslavia in Europa"L'appoggio dell'Italia a Belgrado, una lunga storiaL'appoggio dell'Italia alla Belgrado di Milosevic, dunque, sembra avere lunghe radici e una tradizione 'onorata' anche da Susanna Agnelli (che commentò un incontro con il dittatore, dipingendolo come un galantuomo) o da Lamberto Dini, noto anche con il nomignolo serbo di 'Slobodinic', che ha avuto un ruolo determinante nell'affaire Telekom Serbia, ampiamente documentato dal recente libro di Giulio Manfredi "Presidente Ciampi, nulla da dichiarare?"Un ringraziamento a Gianfranco Dell'Alba, Giulio Manfredi, Silvja Manzi per la cortese disponibilità.
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