Una storia di solitudine, timidezza e gentile follia.
Il romanzo di un uomo che non ha lasciato memoria in un mondo pieno di memoria.
L’ultima volta che compare in pubblico è ai funerali di Togliatti, suo padre.
Lui lo chiamano Aldino, anche quando è un uomo adulto.
Suo padre Il Migliore.
Dopo i funerali, Aldo scompare.
Sappiamo che ha già avuto problemi di salute mentale, che vive con la madre Rita Montagnana a Torino.
Lì, negli anni cinquanta, fa l’ingegnere dei telefoni, ma non dura molto.
Una volta lo trovano a Civitavecchia, … sul molo.
Sembra un barbone, ferma un marinaio, vuole salire sulla sua nave, partire.
E vuole partire anche vent’anni dopo, quando a Le Havre s’incanta a spiare l’altra parte del mondo.
L’America che non vedrà mai.
Palmiro Togliatti cerca per lui cure migliori, in Unione Sovietica (dove Aldino è cresciuto e ha studiato) e in Bulgaria.
Nel 1979 Aldo viene "preso in consegna" dal Partito comunista.
Lo ritroviamo in una casa di cura, Villa Igea, a Modena.
Ci sta fino alla morte nel 2011, a ottantasei anni.
In clinica, per via di quel cognome pesante, nei documenti c’è scritto solo Aldo.
È un paziente "bravo", legge romanzi in francese e in russo, compila la "Settimana Enigmistica" che, insieme alle sigarette Stop, gli porta un militante del Pci, Onelio Pini.
Lo va a trovare due volte alla settimana, e nell’89 tocca a lui informarlo che l’Unione Sovietica non c’è più.
Aldo: "Non ci credo".
Massimo Cirri ricostruisce la figura di Aldino con una narrazione che procede, nel dispiegarsi di voci narranti e piani temporali diversi, lungo diverse traiettorie.
Stiamo accanto ad Aldino come a un fratello, eternamente minore, eternamente assente.
E alla fine, nel rumore dei grandi disegni del mondo, spicca in una nebbia di follia e solitudine chi resta silenziosamente indietro.
E questo "indietro" ci fa eredi e testimoni.
leggi tutto
riduci