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Un ex miliziano dell'Uck ha raccontato la sua odissea nelle carceri serbe durante il regime Milosevic, le torture subite, i processi e le indagini sommarie e ha chiarito ulteriormente il caso del bombardamento della prigione di DubravaL'Aja, 30 agosto 2002 - Nell'udienza odierna del processo a carico di Slobodan Milosevic Gani Bacaj, un ex miliziano dell'Uck ha raccontato le torture subite nelle varie caserme, stazioni di polizia e carceri in cui è stato detenuto 'in attesa di giudizio'.
Ha quindi chiarito che nella prigione di Dubrava gli agenti serbi hanno causato una carneficina uccidendo … oltre 150 prigionieri dopo che il bombardamento NATO aveva causato la morte di 23 persone.
Il teste ha inoltre spiegato che le indagini e i processi venivano condotti in modo sommario.Martin Pnishi, della municipalità di Djakova ha raccontato l'attacco da parte delle milizie serbe a Meja e le violenze subite.
Ha deposto inoltre Sofije Imeraj, una ragazza di 21 anni che ha perso il padre e il fratello durante un attacco delle milizie serbe a Padalishte, nella municipalità di Skenderaj.
La deposizione di Gani BacajGani Bacaj, un ex miliziano dell'Uck, è stato arrestato nel 1998, è stato torturato da militari e agenti di polizia, detenuto in varie prigioni, tra cui quella di Dubrava, bombardata dalla NATO nel maggio del 1999."Il 2 settembre 1998 - ha raccontato Gani Bacaj - sono stato arrestato al confine tra l'Albania e il Montenegro dall'esercito yugoslavo.
Ero con mia moglie e i miei figli, ci hanno portato in caserma" dove "sono stato interrogato in serbo sull'Uck da due uomini in abiti civili.
Ho negato di essere un membro dell'Esercito di Liberazione del Kosovo"."Dalle 10 di sera fino alle 6 della mattina successiva - ha proseguito - ho subito ogni tipo di maltrattamenti.
Sono stato picchiato e mi hanno applicato dei fili elettrici sulle mani e sulle ginocchia.
Mi hanno torturato - ha ricordato il teste - con scariche elettriche che duravano circa un minuto per 6 volte consecutive, due volte, a causa dell'intensità delle scariche elettriche, ho perso conoscenza".
Dopo l'interrogatorio Gani Bacaj è stato trasferito su un camion dell'esercito in Montenegro e poi nella prigione di Nis, in Serbia, dove "mi hanno tenuto - ha raccontato - per due giorni, o almeno credo che fossero due giorni perché non sapevo se fosse giorno o notte.
Mi hanno preso a calci, picchiato con oggetti metallici e di legno, manganelli, qualunque cosa.
Non mi hanno chiesto nulla, mi hanno solo picchiato".
Bacaj è stato quindi trasferito nelle stazioni di polizia di Djakova e di Peja, poi nel carcere di Peja e infine nella prigione di Dubrava.
"A Dubrava - ha spiegato - sono stato assegnato alla sezione 'C', quella dei detenuti che non avevano avuto un processo".
Le condizioni nella prigione per i detenuti 'in attesa di giudizio' erano disumane.
"Nella sezione 'C1' - ha proseguito Bacaj - eravamo in 5 per ogni cella.
C'erano anche 10 celle 'individuali'.
Eravamo chiusi dentro per tutto il giorno e la notte, e solo una volta al giorno eravamo autorizzati ad uscire per camminare nel corridoio per due minuti".
Il 4 febbraio 1999 Gani Becaj, che all'epoca aveva 32-33 anni, è stato condannato come terrorista dalla Corte di Peja con un processo sommario.
Dopo la condanna è stato trasferito in un altro braccio del carcere di Dubrava dove le condizioni erano decisamente migliori.Mentre era detenuto a Dubrava la NATO è intervenuta militarmente in Kosovo e nel maggio del 1999 alcuni aerei hanno bombardato il carcere.MILOSEVIC:"Sa che nessuno veniva portato a Dubrava senza che fosse stato processato prima? Ha mai incontrato un singolo prigioniero che sia stato detenuto senza essere stato preventivamente portato davanti ad una Corte?"BACAJ: "Molti non erano 'detenuti'"MILOSEVIC: "Intende dire che le indagini erano in corso"BACAJ: "Sì"MILOSEVIC: "E' vero che nel primo bombardamento la sezione della sicurezza è stata colpita?"BACAJ: "Per quanto riguarda il primo non lo so perché ero all'interno"Questo un estratto del controinterrogatorio del teste dell'accusa che ha peraltro chiarito di aver "visto cosa è successo: circa 160 detenuti sono stati uccisi" dagli agenti, e di aver "visto e contato le 23 persone uccise dal bombardamento NATO" con i suoi occhi.Il teste ha risposto alle domande senza emozione, con lo sguardo fisso, tanto che il giudice Robinson gli ha chiesto se fosse stato "sempre così malinconico e triste" oppure se fosse "divenuto così recentemente"La deposizione di Martin PnishiMartin Pnishi, un contadino di Meja nella municipalità di Djakova, ha raccontato che dopo l'uccisione di cinque agenti del MUP, le milizie serbe hanno circondato l'area con i carri armati, hanno dato alle fiamme le abitazioni, costretto gli abitanti a scappare e ucciso arbitrariamente civili.
La testimonianza di Sofije ImerajIl 26 marzo 1999, due giorni dopo l'inizio dei bombardamenti NATO, le milizie serbe sono entrate a Padalishte, nella municipalità di Skenderaj, costringendo i civili alla fuga e uccidendo uomini e ragazzi in età per il servizio militare, lasciando vivi donne, bambini e anziani.
Il padre e il fratello di Sofije Imeraj sono stati uccisi nel retro della sua abitazione da militari serbi.
"Mio padre - ha raccontato la teste, che all'epoca aveva 18 anni - ha detto ad un militare: 'Smettila, siamo vicini di casa' e il soldato gli ha risposto: 'Non ci sono più vicini'"I militari hanno costretto gli uomini e i ragazzi ad uscire dalle abitazioni e li hanno poi uccisi nei cortili e per la strada.
Ha quindi chiarito che nella prigione di Dubrava gli agenti serbi hanno causato una carneficina uccidendo … oltre 150 prigionieri dopo che il bombardamento NATO aveva causato la morte di 23 persone.
Il teste ha inoltre spiegato che le indagini e i processi venivano condotti in modo sommario.Martin Pnishi, della municipalità di Djakova ha raccontato l'attacco da parte delle milizie serbe a Meja e le violenze subite.
Ha deposto inoltre Sofije Imeraj, una ragazza di 21 anni che ha perso il padre e il fratello durante un attacco delle milizie serbe a Padalishte, nella municipalità di Skenderaj.
La deposizione di Gani BacajGani Bacaj, un ex miliziano dell'Uck, è stato arrestato nel 1998, è stato torturato da militari e agenti di polizia, detenuto in varie prigioni, tra cui quella di Dubrava, bombardata dalla NATO nel maggio del 1999."Il 2 settembre 1998 - ha raccontato Gani Bacaj - sono stato arrestato al confine tra l'Albania e il Montenegro dall'esercito yugoslavo.
Ero con mia moglie e i miei figli, ci hanno portato in caserma" dove "sono stato interrogato in serbo sull'Uck da due uomini in abiti civili.
Ho negato di essere un membro dell'Esercito di Liberazione del Kosovo"."Dalle 10 di sera fino alle 6 della mattina successiva - ha proseguito - ho subito ogni tipo di maltrattamenti.
Sono stato picchiato e mi hanno applicato dei fili elettrici sulle mani e sulle ginocchia.
Mi hanno torturato - ha ricordato il teste - con scariche elettriche che duravano circa un minuto per 6 volte consecutive, due volte, a causa dell'intensità delle scariche elettriche, ho perso conoscenza".
Dopo l'interrogatorio Gani Bacaj è stato trasferito su un camion dell'esercito in Montenegro e poi nella prigione di Nis, in Serbia, dove "mi hanno tenuto - ha raccontato - per due giorni, o almeno credo che fossero due giorni perché non sapevo se fosse giorno o notte.
Mi hanno preso a calci, picchiato con oggetti metallici e di legno, manganelli, qualunque cosa.
Non mi hanno chiesto nulla, mi hanno solo picchiato".
Bacaj è stato quindi trasferito nelle stazioni di polizia di Djakova e di Peja, poi nel carcere di Peja e infine nella prigione di Dubrava.
"A Dubrava - ha spiegato - sono stato assegnato alla sezione 'C', quella dei detenuti che non avevano avuto un processo".
Le condizioni nella prigione per i detenuti 'in attesa di giudizio' erano disumane.
"Nella sezione 'C1' - ha proseguito Bacaj - eravamo in 5 per ogni cella.
C'erano anche 10 celle 'individuali'.
Eravamo chiusi dentro per tutto il giorno e la notte, e solo una volta al giorno eravamo autorizzati ad uscire per camminare nel corridoio per due minuti".
Il 4 febbraio 1999 Gani Becaj, che all'epoca aveva 32-33 anni, è stato condannato come terrorista dalla Corte di Peja con un processo sommario.
Dopo la condanna è stato trasferito in un altro braccio del carcere di Dubrava dove le condizioni erano decisamente migliori.Mentre era detenuto a Dubrava la NATO è intervenuta militarmente in Kosovo e nel maggio del 1999 alcuni aerei hanno bombardato il carcere.MILOSEVIC:"Sa che nessuno veniva portato a Dubrava senza che fosse stato processato prima? Ha mai incontrato un singolo prigioniero che sia stato detenuto senza essere stato preventivamente portato davanti ad una Corte?"BACAJ: "Molti non erano 'detenuti'"MILOSEVIC: "Intende dire che le indagini erano in corso"BACAJ: "Sì"MILOSEVIC: "E' vero che nel primo bombardamento la sezione della sicurezza è stata colpita?"BACAJ: "Per quanto riguarda il primo non lo so perché ero all'interno"Questo un estratto del controinterrogatorio del teste dell'accusa che ha peraltro chiarito di aver "visto cosa è successo: circa 160 detenuti sono stati uccisi" dagli agenti, e di aver "visto e contato le 23 persone uccise dal bombardamento NATO" con i suoi occhi.Il teste ha risposto alle domande senza emozione, con lo sguardo fisso, tanto che il giudice Robinson gli ha chiesto se fosse stato "sempre così malinconico e triste" oppure se fosse "divenuto così recentemente"La deposizione di Martin PnishiMartin Pnishi, un contadino di Meja nella municipalità di Djakova, ha raccontato che dopo l'uccisione di cinque agenti del MUP, le milizie serbe hanno circondato l'area con i carri armati, hanno dato alle fiamme le abitazioni, costretto gli abitanti a scappare e ucciso arbitrariamente civili.
La testimonianza di Sofije ImerajIl 26 marzo 1999, due giorni dopo l'inizio dei bombardamenti NATO, le milizie serbe sono entrate a Padalishte, nella municipalità di Skenderaj, costringendo i civili alla fuga e uccidendo uomini e ragazzi in età per il servizio militare, lasciando vivi donne, bambini e anziani.
Il padre e il fratello di Sofije Imeraj sono stati uccisi nel retro della sua abitazione da militari serbi.
"Mio padre - ha raccontato la teste, che all'epoca aveva 18 anni - ha detto ad un militare: 'Smettila, siamo vicini di casa' e il soldato gli ha risposto: 'Non ci sono più vicini'"I militari hanno costretto gli uomini e i ragazzi ad uscire dalle abitazioni e li hanno poi uccisi nei cortili e per la strada.
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